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Alvito : Arte, Storia, Cultura, Prodotti Tipici, Dove dormire, Dove mangiare, Cosa fare nella Provincia diFrosinone.

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Comune di Alvito

Alvito : informazioni turistiche

Borgo agricolo collinare, appartenne ai monaci di Montecassino e per qualche tempo a Cesare Borgia. E' d'aspetto moderno e lo dominano da nord-ovest i resti di un castello medievale appartenuto ai conti d'Aquino. L'abitato di Alvito, sviluppatosi su tre livelli lungo il fianco di un monte e caratterizzato da una pianta a ferro di cavallo, racchiude splendidi palazzi ordinatamente disposti lungo le vie che salgono alla rocca e gode di un superbo panorama sull'intera valle sottostante e sulla conca in cui scorre il Rio Noceto. Nella parte settentrionale del comprensorio comunale si elevano cime imponenti cariche di vegetazione spontanea, che a quote inferiori cede il posto a oliveti e ordinati filari di viti nonché a campi coltivati nelle esigue zone pianeggianti. Sullo sfondo argenteo dello stemma, concesso con Decreto del Presidente della Repubblica, è raffigurato un leone d'oro; l'animale riposa su una verde campagna, in cui affonda le radici un olivo.
Secondo la storiografia tradizionale, il centro abitato sorse intorno al Mille, nel periodo dell’incastellamento, ma le prime testimonianze certe sono del 1096. Su un colle poco distante, attorno alla Chiesa di Sant’Urbano, era già sorto l’omonimo villaggio poco prima del 1017. Comunemente si ritiene che quest’ultimo fosse scomparso durante le scorrerie di Roffredo, abate di Montecassino, nel 1193 e che gli abitanti di Sant’Urbano fossero confluiti nel l’abitato meglio fortificato di Albetum. La presenza benedettina cassinese nella zona era molto forte: i monaci possedevano la Chiesa di San Martino, esistente dal 1020, situata vicino a Sant’Urbano, e lo xenodochio di San Simeone, il più antico della zona. La presenza dei monaci favorì certamente il popolamento: oggi ad Alvito l’unica traccia dei benedettini di Montecassino è rappresentata da un leone confinano conservato sopra un muro davanti al Palazzo Gallio. La signoria ed il castello appartennero ai d’Aquino dal 1100 fino all’avvento degli angioini che, favoriti dalla distruzione della rocca, avvenuta nel corso del terremoto del 1349, e dalla morte, avvenuta nel crollo del maniero, di Adenolfo III d’Aquino e degli eredi, vi insediarono militari francesi tra i quali i Cantelmo. Fu appunto Rostaino Cantelmo a ricostruire il baluardo.Attraverso alcune fonti classiche, in particolare l'opera storica AB URBE CONDITA LIBRI di Tito Livio, si deduce che la volsca ALBITUM esisteva già al tempo della seconda guerra punica, nel 212 a.C.; alla caduta dell'impero romano fu soggetta alle invasioni e alle devastazioni dei longobardi, passando poi sotto il dominio dell'abbazia di Montecassino. Successivamente appartenne a molte famiglie illustri: ai D'Aquino (1100), ai Cantelmo (XIV secolo), che ne fecero la capitale dei loro possedimenti, ai Borgia, cui pervenne nel 1496, al principe di Conca (1574), al conte di Taverna e, nel Seicento, alla famiglia Gallio, sotto la quale conobbe il periodo di massimo splendore. Frequenti terremoti l'hanno devastata: disastrosi furono quelli del 1349, del 1456 e del 1654. Il toponimo con molta probabilità ha un'origine fitonimica, come prova il suffisso collettivo -ETUM; appare meno probabile la sua derivazione dal nome personale germanico ALIWÎTS. I resti ben visibili dell'imponente cinta muraria abbracciano numerosi e prestigiosi monumenti: la chiesa di Santa Maria del Campo, di età medievale, che custodisce affreschi del Quattrocento; la settecentesca chiesa di San Simeone, che conserva altari barocchi, una tela del Cinquecento e due crocifissioni, di cui una attribuita al Cavalier d'Arpino; la chiesa dedicata a San Nicola, annessa all'omonimo convento, anch'essa del Settecento, con l'altare maggiore in marmi intarsiati; il palazzo ducale, iniziato nel Quattrocento e terminato nel Seicento, con la facciata barocca e all'interno quattro tele del XVIII secolo attribuite alle scuole del Malinconico e di Luca Giordano. L'abitato è dominato dal castello medievale, fondato nel 1094 dai conti D'Aquino.

Da visitare è la Chiesa di Santa Maria del Campo, che esiste sin dal 1090: si tratta di un’antica costruzione rurale, eretta in forme romani che sopra un tempio di Venere, che conserva tracce di affreschi d’impostazione bizantina ed altri del XV-XVI secolo. Uno di questi, rappresentante la Madonna delle Grazie, è attribuito a Taddeo Zuccari. La testa della statua lignea della Madonna del Campo è del 1426. Nell’atrio si conserva una raccolta di reperti archeologici. Il Convento di San Nicola, francescano, fondato nel 1516, ampliato e restaurato a partire dal 1720, presenta facciata e interno nel più caratteristico barocco tipico dell’area. Fu arricchito d’opere d’arte da papa Clemente XIV, già cardinale Ganganelli, che aveva insegnato nel convento alvitano. Sugli altari della chiesa campeggiano sette grandi pale, attribuite alla scuola di Sebastiano Conca. Nella sacrestia vi sono armadi i cui pannelli rappresentano otto scene bibliche. L’antica Chiesa di San Giovanni Evangelista crollò durante il terremoto del 1654: l’attuale edificio fu ricostruito a partire dal 1682. Santa Maria Assunta del Castello, l’antica chiesa castellana, attualmente a tre navate, è stata ricostruita nel Settecento. Nel suo interno v’è un ricco patrimonio artistico con affreschi e pitture su tela. La parrocchiale di S.Simeone invece è stata riedificata nel '700 su un edificio romanico; nell'interno, stalli barocchi ornano la cappella sinistra, mentre la sagrestia custodisce una tavola del Cavalier d'Arpino.

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